L’università pubblica senza finanziamenti pubblici!

Già prima del 2008 l’Italia poteva vantare uno dei tassi di finanziamento del sistema universitario più bassi d’Europa: allora investivamo circa lo 0,9% del nostro PIL nell’istruzione superiore, più o meno come la Slovacchia, decisamente meno della media europea dell’1,3% o degli USA, che ne investivano il 3,1%. Ma da allora le cose sono cambiate in peggio.
Di fronte alla più grave crisi economica globale della storia, chi ci governa (parliamo dell’ ultimo governo Monti) non ha saputo dare altra risposta se non di distribuire tagli sconsiderati al sistema pubblico e in particolare al mondo della conoscenza. L’università sembra essere una delle poche istituzioni risparmiate dalle manovre economiche estive del Governo; ma l’unica ragione per cui non si è infierito è che non c’è più niente da tagliare.
Se fino a pochi anni fa i finanziamenti statali all’università, pur molto inferiori alla media europea, andavano crescendo, a partire dal 2008 la tendenza si inverte: la principale voce di finanziamento delle università pubbliche, il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO), va calando drasticamente inseguito ai tagli della legge 133 del 2008.

Gli effetti dei tagli non sono stati avvertiti immediatamente: dal 2008 al 2010 il FFO è stato
“dopato” da uno stanziamento una tantum di 550 milioni di euro all’anno, derivante dall’accordo sull’università Mussi – Padoa Schioppa, rispettivamente ministri dell’università e dell’economia dell’ultimo Governo Prodi, nonché nel 2010 da una parte dei proventi dello scudo fiscale voluto dal ministro Tremonti. Da quest’anno però è evidente che gli atenei non potranno più aspettarsi nessun salvataggio di emergenza, e dovranno fare i conti con la diminuzione dei fondi. Calano i finanziamenti, ma i costi restano gli stessi, anzi sono leggermente gonfiati dall’inflazione: dove guarderanno gli atenei italiani per sopperire a questo ammanco di risorse?

Molti Rettori credono di poter trovare i soldi che gli mancano nelle tasche degli studenti.
Contrariamente a quanto dovrebbe avvenire in un Paese che investa per dare maggiori ed eguali opportunità ai propri giovani, la contribuzione studentesca è diventata un capitolo sempre più importante del bilancio dei nostri atenei: i proventi derivati dalle tasse universitarie sono infatti lievitati del 60% dal 2001 al 2009- prima ancora che il FFO cominciasse a diminuire!
Teoricamente la normativa italiana impedisce agli atenei di incassare dalla contribuzione
studentesca più del 20% di quanto non derivi dal FFO. Di fatto però il superamento di questo limite, lungi dall’essere un’eccezione, è diventato oramai una regola per la maggior parte degli atenei italiani: già nel 2005/2006 i proventi derivanti dalla contribuzione studentesca dell’intero sistema universitario ammontavano al 21,5%; nel 2008/2009, pur in presenza di un leggero aumento del FFO, anziché rientrare nel limite gli atenei hanno nuovamente incrementato le tasse (portandole ad un 22% del FFO), e nel 2009/2010, quando lo Stato ha cominciato a chiudere i rubinetti, gli atenei hanno aumentato bruscamente le tasse agli studenti, sfondando ulteriormente il limite (23,6%). Cosa dobbiamo aspettarci ora che il FFO andrà progressivamente diminuendo?
A inizio 2011, si è sviluppato un acceso dibattito, portato avanti da alcuni economisti e politici che hanno cominciato ad avanzare proposte bipartisan con l’obiettivo di aumentare la soglia di tassazione studentesca oltre i 10.000€ e pensando di poter garantire l’accesso agli studi di quei giovani senza adeguate possibilità economiche introducendo un sistema di “prestiti d’onore” molto onerosi, tutto questo sulla scia di quanto successe in Inghilterra l’anno scorso, ignorando o fingendo di ignorare le proteste che questi cambiamenti suscitarono nelle strade e nelle accademie inglesi. Ma la stessa CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) sembra voler andare in quella direzione, avendo proposto al ministro durante un incontro svoltosi il 6 luglio 2011 di sostituire o abolire il limite del 20% sulla contribuzione.
Sopperire alla penuria di risorse pescando nelle tasche degli studenti è sicuramente la soluzione più semplice; noi però sappiamo che è anche la più miope nonché la più sbagliata.
Noi riteniamo opporci all’aumento indiscriminato delle tasse degli studenti. Aumentare le tasse agli studenti significa compromettere la possibilità di accesso agli studi di molti giovani, specialmente se contemporaneamente all’aumento
generalizzato delle tasse universitarie assistiamo al taglio voluto dal Governo del fondo per il diritto allo studio ridotto del 94% nel 2012 in rapporto al 2009.
Ma non è solo una questione di pari opportunità: ridurre le possibilità di accesso agli studi a molti giovani significa privare il paese di cittadini più consapevoli e impedire a molti ragazzi la possibilità di un miglioramento delle loro condizioni sociali.
L’università pubblica dev’essere finanziata da tutti perché è e deve essere un bene di tutti!
Noi vogliamo!
- Che le università rispettino il limite stabilito della contribuzione studentesca al 20% del FFO, e che vengano imposte sanzioni per quelle università che lo sforano;
- Che gli atenei che hanno sforato questo limite risarciscano gli studenti erogando servizi
aggiuntivi agli studenti, individuati col concorso degli studenti stessi;
-  L’eliminazione di tasse speciali per determinati corsi di laurea, che uccidono la mobilità sociale: gli studenti dovrebbero scegliere il loro percorso di studi in base alle loro capacità e ai loro interessi, non al loro censo;
-  Una riforma del sistema di tassazione in tutti gli atenei italiani, che sia maggiormente
informato a criteri di equità e progressività.
- Che lo Stato ritorni a finanziare adeguatamente le università italiane, innanzitutto eliminando i tagli della 133 e quindi avviando un piano speciale di finanziamenti che portino il livello di finanziamenti statali almeno uguali alla media europea.

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