LA SANITÀ’ MOLISANA OSTAGGIO DEL DEBITO!


DI cosa parliamo?


Nel capoluogo molisano, negli ultimi mesi, abbiamo visto nascere e svilupparsi un ampio fronte di mobilitazione a difesa della sanità pubblica, contro il tentativo del governo regionale – innegabilmente inserito in un più generale contesto nazionale – di smantellare il servizio sanitario pubblico favorendo il privato nell’acquisizione di settori strategici della sanità.
A livello regionale, come a livello nazionale, qualsiasi discorso inserito nel campo delle possibilità passa attraverso la questione cruciale del debito. Se in campo nazionale ed europeo è sempre vivo il dibattito sull’inevitabilità o meno del rientro dal deficit, per quanto concerne le regioni, tale opportunità è da ritenersi praticamente inattuabile sia per specificità giuridiche proprie delle istituzioni regionali, sia a ragione dell’inagibilità politica che inevitabilmente incontrerebbe una simile proposta. 
In quest’articolo, quindi, assumeremo il paradigma del pagamento del debito come una prospettiva ineluttabile e, di conseguenza, procederemo ad analizzarne la struttura cercando di individuare le criticità, in altre parole quei capitoli di spesa che pesano sulla collettività senza, tuttavia, determinare un’offerta sanitaria universale ed efficiente. 
Ci avvarremo, nel fare ciò, dell’ottimo lavoro di analisi compiuto in questi ultimi mesi dal Comitato Pro-Cardarelli, dal Coordinamento delle associazioni, nonché dal Comitato molisano No-Debito che, insieme al PRC, ha il merito, se non altro, di aver assunto più di ogni altra forza in campo, il punto di vista dei lavoratori dell’indotto ospedaliero e di quei cittadini che non possono permettersi servizi a pagamento. Come dire: un punto di vista di classe. 
  

Proporzione del debito


Tutto iniziò nel 2001, quando il Governo rese inattuabile la copertura dei disavanzi attraverso l’indebitamento. 
Quello stesso anno si chiuse con un disavanzo di circa 65 milioni di euro a fronte di un bilancio complessivo di 385 milioni.  Durante l’anno successivo la tendenza non cambia e anzi si accumulano altri 28 milioni di debiti. 
Sempre nel 2002 la Regione Molise emette obbligazioni per 100 milioni di euro. 
Che significa? In poche parole, la Regione, per non diventare insolvente nel breve periodo, s’indebita con le banche, aggiungendo al debito anche gli interessi. Tanto pagano i cittadini…Il primo triennio del regno di Iorio si chiude con un disavanzo totale di 77 milioni di euro.
La spesa sanitaria nel 2005 ammonta a 455 milioni mentre la spesa complessiva iscritta nel bilancio regionale è di 617 milioni. 
In pratica, la spesa sanitaria assorbe il 75% della spesa complessiva. 
Il disavanzo a fine 2005 è di 135 mln. Comunque sia, per far pareggiare il bilancio, il Governo regionale procede ancora una volta con obbligazioni e cartolarizzazioni. Ma niente riesce a fermare un’emorragia che oramai pare inarrestabile: nel 2006 il debito tocca i 400 milioni. E siccome un record chiama l’altro, il Molise si aggiudica anche il primato italiano della spesa sanitaria pro-capite (circa 2000 euro per cittadino) e dei ricoveri inappropriati (94%). [Sole 24 Ore]
Ma il 2006 è anche l’anno in cui Berlusconi perde le elezioni.Tutti scommettono sulla capitolazione del governatore, ormai senza più santi in paradiso, e invece… a conferma di quanto sia misterioso il progetto “divino”, è proprio il neo-presidente del Consiglio, il professor Prodi, a salvare Iorio. Un salvataggio che costa al Governo italiano 400 mln di cui 300 a fondo perduto e che suscita la protesta soprattutto dei leghisti in parlamento.
Il 24 Luglio del 2009, il consiglio dei ministri nomina Iorio Commissario alla sanità. Il giusto riconoscimento per tutti i record di spesa abbattuti e per essere riuscito ad approvare il primo Piano Sanitario degli ultimi 30 anni.Un piano, come vedremo, che scarica tutti i costi della mala gestione sanitaria sui cittadini molisani senza tuttavia ridurre le spese. 
Anzi… il 2009 termina con un ulteriore disavanzo di 81 mln! In totale il debito ammonta a circa 535 milioni di euro. Tenendo conto che negli ultimi due anni 2010-2011 il disavanzo è stato di circa 120 mln, ad oggi il deficit complessivo si aggira intorno ai 650 milioni. Una voragine  spaventosa.

Come è stato possibile scavare un buco così profondo? 


Per determinare un solco così ampio è stato necessario scavare da più punti. 
Innanzitutto dobbiamo tener conto delle potenzialità in termini elettorali di un settore, quello sanitario, attorno al quale ruotano diverse migliaia di dipendenti diretti e indiretti. Quindi, la questione clientelare, In questo contesto vanno inserite le centinaia di assunzioni selvagge soprattutto nel settore amministrativo, la rapida progressione delle carriere, le consulenze milionarie, ma soprattutto la duplicazione di UOC (Unità Operative Complesse), per dirla semplicemente: i reparti doppioni. Emblematico, in questo senso, è il caso dell’oncologia a Campobasso. Al “Cardarelli” si eseguono da sempre gli interventi di chirurgia oncologica. Ebbene, l’ex-Cattolica ha ricevuto una decina di anni fa l’accreditamento per effettuare la terapia del dolore in campo oncologico (compresa la Radioterapia), eppure, non si sa come, questa struttura, oramai da anni, si occupa sistematicamente della cura delle neoplasie femminili (chirurgia senologica e ginecologica). Stesso discorso per la cardiologia. Potremmo poi parlare dei reparti creati senza alcuna logica territoriale. La chirurgia vascolare dell’ospedale di Isernia è un esempio di questo tipo poiché gli stessi interventi vengono già effettuati in altre tre strutture regionali (“Cardarelli”, “Fondazione G. P. II”, e presso il vicino “Neuromed” di Pozzilli). 
In secondo luogo – elemento più importante e comunque connesso con il primo –, l’accreditamento deregolamentato di strutture private che assorbono il 30% della spesa sanitaria regionale. In pratica, nel corso degli anni, si è fatto in modo che tali strutture si sostituissero completamente al Servizio Sanitario Pubblico nell’erogazione di servizi e di prestazioni che normalmente dovrebbero essere garantiti dallo Stato. Come è avvenuto ciò? Semplicemente depotenziando le strutture pubbliche, ad esempio privandole di apparecchiature all’avanguardia per la diagnostica, oppure, nel caso in cui queste ultime venivano acquistate, impedendone il funzionamento per mancanza di personale specializzato. Le strutture private, d’altro canto, potevano contare su apparecchiature di ultima generazione e su liste di attesa praticamente azzerate. Tutto ciò – e questo discorso vale in primo luogo per l’ex-Cattolica – in un regime di concorrenza sleale poiché i costi dei servizi venivano e vengono sempre scaricati sul Sistema Sanitario Regionale. Dov’è la convenienza di questa operazione? In realtà si tratta di un’operazione assai spregiudicata se è vero, come hanno calcolato alcuni esperti interpellati dal Comitato pro-Cardarelli, che gli stessi servizi, erogati dal pubblico, avrebbero un costo inferiore del 450%!
In poche parole, il privato riesce a offrire un servizio più efficiente grazie a fatturazioni decisamente supervalutate pagate senza le necessarie verifiche dalla Regione.
Un terzo elemento si individua nel modello ospedalocentrico assunto dalla sanità molisana. Anche questo elemento all’evidenza è strettamente connesso con la questione clientelare in quanto un simile modello è più facile da controllare tramite i direttori di nomina politica “verificati” dalla politica, con primari eletti dalla politica e verificati solo formalmente, con carenze ed eccedenze di personale determinate solo in base ai collegi elettorali.
Allo stesso tempo va costatata una scarsa territorializzazione della medicina. È mancata la realizzazione di strutture assistenziali a bassa intensità (RSA) e di strutture filtro sul territorio per decongestionare gli ospedali e riservarli ai casi veramente acuti.
Nonostante tutto, un sistema inefficiente
Al contrario di quanto ci si potesse aspettare vista la proporzione del debito, l’offerta del sistema sanitario regionale risulta, nel complesso, altamente inefficiente.
Oltre ai difetti già specificati, ve ne sono alcuni di tipo strutturale: in primis una eccessiva ridondanza dell’offerta in alcuni settori, di cui in parte abbiamo già parlato, cui corrisponde un vuoto di servizi in altri settori soddisfatti dalla sanità di altre regioni (mobilità passiva).
Poi abbiamo i costi per unità di servizio superiori a quelli di altre regioni con sanità più efficiente. Abbiamo, rispetto ad alcune patologie, un tasso di mortalità superiore nonostante una bassa morbilità. Ma anche: tempi medi di degenza superiori agli altri, ricoveri inappropriati, liste di attesa lunghissime, privati più efficienti del pubblico.
Nel 2008 il Ministero della Salute commissiona al “Laboratorio Menagement e Sanità” della Scuola Superiore “Sant’Anna” di Pisa, un’indagine per valutare le performance della sanità italiana.Secondo gli studiosi del Sant’Anna “il Molise è ultimo in Italia per degenza media ospedaliera, ultimo per percentuali di parti cesarei, penultimo per ricoveri ripetuti, penultimo per tasso di ospedalizzazione ogni 1000 abitanti, terzultimo per ospedalizzati ogni 10.000 abitanti, terzultimo per spesa sanitaria per pazienti che cambiano regione per curarsi”.
Su “laVoce.info” è stata pubblicata un’indagine sul tasso di inefficienza del Sistema Sanitario italiano. Ebbene, nel 2004-2005 il Molise conquista il primato di questa speciale classifica col 14,4%, quasi il triplo della seconda in classifica, la Basilicata (5,5%). Un margine rassicurante! Nello stesso biennio, il Molise presenta un valore di spesa inefficiente di 265 euro pro-capite, il triplo dell’Abruzzo (al secondo posto con 90 euro pro-capite).

Chi paga il debito?


Naturalmente a pagare le conseguenze di questo disastro sono i cittadini molisani. I quali pagano due volte: attraverso la drastica riduzione dell’offerta sanitaria pubblica e per mezzo dell’aumento delle tasse.
Già nel Dpef approvato nel 2004 sono contenuti aumenti significativi per la benzina (15 cent. a litro), il metano (5 cent.), il bollo auto (+7%), IRPEF e IRAP, la tassa sullo smaltimento dei rifiuti, l’ICI (+10,5%).
La legge regionale del 2006 aumenta tutte le aliquote fino al massimo di legge, l’imposta sulla benzina viene alzata a 0,25 a litro, mentre quella sul gas viene aumentata a 0,030 e a 0,006 per quelli industriali.
Nel 2009 aumentano anche i ticket sanitari: il contributo fisso per specialistica ambulatoriale passa a 4 euro, il contributo per la fisiokinesiterapia a 5 euro, il contributo fisso per la TAC e la Risonanza raggiunge i 15 euro.
Il 2010 è l’anno dell’IRAP e dell’IRPEF che aumentano rispettivamente di 0,15 e 0,30 punti.
Nell’anno successivo, la corsa agli aumenti non si arresta: ancora un +0,15 e un +0,30 per IRAP e IRPEF, mentre viene reintrodotto il ticket di 10 euro su visite specialistiche e analisi mediche oltre al ticket di 25 euro per i codici bianchi al pronto soccorso; infine, viene applicata una quota fissa di “compartecipazione” per ogni ricetta e per ogni confezione di farmaco.
Come dicevamo, l’aumento delle tasse rappresenta solo una parte del piano di rientro. 
L’altra consiste nella graduale chiusura degli ospedali minori, nel taglio complessivo dei posti letto, nonché nella riduzione delle prestazioni erogate dal servizio pubblico soprattutto a livello di diagnostica specialistica, cioè di quei servizi che richiedono macchinari avanzati e personale super-specializzato. In pratica, i servizi più costosi, che, come vedremo, saranno affidati alle strutture private con aggravio ulteriore della spesa e quindi dell’indebitamento.
Dal 2007 la nostra regione è sottoposta a piano di rientro, il che significa pressioni schiaccianti dal governo nazionale affinché si proceda ad un taglio netto delle spese e al rientro dal deficit. Per vigilare su questo programma, il governo ha stabilito l’insediamento di un tavolo tecnico permanente composto da suoi rappresentanti e da quelli regionali.

Il dossier continua nel prossimo numero del giornale… 




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